Certificazione del Credito da parte della Pubblica Amministrazione, quale certezza per il creditore?
Le sentenze del Tribunale di Palermo stimolano una riflessione sulla certificazione del credito da parte della Pubblica Amministrazione, anche in funzione della cessione pro soluto, da parte del creditore, del credito certificato. Le norme succedutesi del tempo, hanno cercato di "abbattere" la pesante debitoria della Pubblica Amministrazione, con un meccanismo che, da una parte, creasse un dialogo competitivo tra creditore e debitore pubblico, richiamando alla responsabilità le Pubbliche Amministrazioni che, spesso, con i ritardati pagamenti mettevano (e diremo mettono tutt'oggi) in gravi difficoltà finanziarie i propri fornitori e che, dall'altra parte, garantisse la possibilità per i creditori di poter rendere liquidi tali crediti certificati, attraverso la cessione a banche o istituti di credito.
L'intenzione del legislatore era ed è quella di porre in condizione la PA di effettuare, tra l'altro, una ricognizione dei propri debiti, filtrando, attraverso un attento controllo dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità, quelli che dovevano essere pagati (con notevole risparmio anche in termini di interessi moratori ex dlgs 231/02 e dlgs 192/12) dai crediti, diremo, problematici.
L’evoluzione normativa va così sinteticamente tracciata: nel 2012 sono stati adottati due Decreti Ministeriali, con i quali il Ministero dell’economia e delle finanze ha previsto l’impego della piattaforma elettronica per la semplificazione delle modalità di cessione dei crediti. Attraverso questa piattaforma avviene l’incontro tra creditore e debitore e vengono compiute diverse formalità tra cui la certificazione del credito. Il primo decreto, c.d. Decreto Certificazioni 1, è stato adottato il 22 maggio 2012 e disciplina le “modalità di certificazione del credito, anche in forma telematica, di somme dovute per somministrazione, forniture e appalti da parte delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici nazionali”, il secondo, c.d. Decreto Certificazioni 2, è stato adottato il 25 giugno 2012 e disciplina le “modalità di certificazione del credito, anche in forma telematica, di somme dovute per somministrazione, forniture e appalti, da parte delle Regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio Sanitario Nazionale, di cui all’art. 9, co. 3-bis e 3-ter del DL 185/2008”. Entrambi prevedono che la comunicazione alla pubblica amministrazione della cessione dei crediti, una volta certificati, debba essere fatta attraverso la piattaforma. In questo modo viene rispettato il requisito previsto dall’articolo 117, commi 2 e 3 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e l’obbligo di notificazione. Gli articoli 6 del Decreto Certificazioni 1 e 7 del Decreto Certificazioni 2 prevedono che attraverso il meccanismo della certificazione, l’amministrazione ceduta o l’ente debitore debbano accettare preventivamente una possibile cessione del credito a banche o intermediari finanziari abilitati (cosa che nel caso di specie è rilevabile dalla documentazione allegata al fascicolo del monitorio). Ulteriore passo importante volto alla semplificazione delle modalità di cessione dei crediti verso la PA, e all’attuazione di quanto previsto dapprima dal D. Legge 185/2008, e in seguito dai due Decreti Certificazioni, è stato compiuto dal D. Legge n. 35/2013 (cd. Decreto Sblocca Pagamenti), finalizzato allo sblocco dei pagamenti arretrati delle pubbliche amministrazioni. Le novità introdotte da tale decreto riguardano il mancato aggravio dei potenziali oneri per l’erario, così da consentire l’integrale pagamento dei debiti della pubblica amministrazione maturati alla data del 31 dicembre 2012, e l’estensione delle certificazioni a favore anche dei professionisti, oltre che per i debiti maturati per somministrazione, forniture ed appalti. L’articolo 7, ancora vigente, prevede che la certificazione delle somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti e per obbligazioni relative a prestazioni professionali, sia effettuata esclusivamente attraverso la piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni predisposta dal Ministero dell’economia e delle finanze in attuazione dell’articolo 4 del Decreto Certificazioni 2. Mentre, con riferimento alle cessioni, l’articolo 8 di questo decreto prevedeva che gli atti di cessione dei crediti certi, liquidi ed esigibili per somministrazioni, forniture ed appalti fossero esenti da tasse di qualsiasi tipo, eccetto l’imposta sul valore aggiunto, e l’autenticazione delle sottoscrizioni degli atti di cessione dei crediti dovesse essere effettuata, a titolo gratuito, dall’ufficiale rogante dell’amministrazione debitrice. In caso di assenza o impedimento di quest’ultimo ovvero su richiesta del creditore, l’autenticazione delle sottoscrizioni spettava ad un notaio. La disciplina summenzionata è stata notevolmente modificata dal Decreto Legge n. 66/2014, il quale ha abrogato in toto l’articolo 8, stabilendo all’articolo 37 c. 7-bis che in seguito alla certificazione, effettuata mediante la piattaforma elettronica, le cessioni dei crediti potranno essere stipulate mediante scrittura privata ed eseguite in favore di una banca o di un intermediario finanziario autorizzato, o da questi alla Cassa depositi e prestiti S.p.A o a istituzioni finanziarie dell’Unione Europea. Inoltre, come detto in precedenza a proposito dell’adesione della p.a. alla cessione, questa può rifiutarla entro 7 giorni dalla ricezione della comunicazione.
La certificazione del credito, dunque, è l’elemento di semplificazione più rilevante e ciò per due motivi fondamentali: 1) perché vede la partecipazione diretta della PA debitrice, che assume una specifica funzione di verifica dei crediti dei quali si chiede la certificazione, dei rapporti dai quali tali crediti traggono origine, degli eventuali motivi ostativi alla certificazione, controllo rimesso all’Ente stesso che ha fruito della fornitura / servizio e che, dunque, potrebbe, anticipatamente, vagliare l’anomalia di rapporti contrattuali dai quali i crediti, di cui si chiede la certificazione, originano; 2) perché assume un valore, a parere di chi scrive che supera lo stesso riconoscimento del debito, di atto conclusivo di un procedimento amministrativo che DEVE ingenerare affidamento da parte di chi acquista il credito certificato e ne costituisce presupposto essenziale ai fini dello smobilizzo dei crediti della PA, in ossequio all’obbiettivo delle leggi citate.
A tal proposito, il MEF con la circolare n. 35 del 2012 del MEF ha fornito chiarimenti in merito all’applicazione del cd. DM certificazioni del 22.05.2012, fornendo precise indicazioni sul tema dei requisiti della certezza, liquidità ed esigibilità del credito, chiarendo che la sussistenza di tali presupposti viene valutata al momento del riscontro da parte dell’amministrazione, e che l'accertata esistenza è indispensabile al fine del rilascio della certificazione.
Pertanto, una volta verificato che il credito è certo, liquido ed esigibile l’amministrazione non può fare altro che attestarlo e certificarlo.
Il quadro normativo tracciato dovrebbe escludere l'applicazione delle norme codicistiche relative alle cessione del credito, ovvero, escludere che il debitore ceduto possa sollevare al cessionario le stesse eccezioni che poteva sollevare al creditore cedente, il che parrebbe in assoluta contraddizione con il sistema di controllo di cui si avvale la Pubblica Amministrazione all'atto della certificazione del credito ed al conseguente accertamento dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità.
L'atto di certificazione, peraltro, va qualificato come atto amministrativo (provvedimento) conclusivo di un procedimento da parte della P.A. debitrice, il che imporrebbe di valutare tale atto come avente efficacia sino al suo, eventuale, annullamento ovvero sino alla sua revoca anche in autotutela da parte dell'Ente, ma non potrebbe essere un atto impugnabile dinanzi al G.O..
Residuerebbe, dunque, alla P.A. la possibilità di revocare l'atto di certificazione?
Senza entrare nel merito della natura della certificazione del credito quale atto - provvedimento ovvero atto intermedio del procedimento amministrativo, la revoca in autotutela dell'atto amministrativo non è rimedio che la P.A. può utilizzare in modo, diremo, arbitrario.
L’annullamento d’ufficio ex art. 21-nonies L. n. 241/1990, avente ad oggetto un provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’art. 21-octies, comma 1, può essere disposto SOLO in presenza di tre condizioni: la sussistenza di ragioni di interesse pubblico, la comparazione tra il suddetto interesse pubblico e gli interessi dei destinatari del provvedimento e l’esercizio del potere entro un termine di diciotto mesi.
Con riguardo a tale ultimo requisito, occorre precisare che il Legislatore del 2015 (Legge Madia n. 124 del 2015, di riforma della P.A.) ha modificato l’art. 21- nonies, fissando in diciotto mesi la durata massima del termine ragionevole per il ritiro di provvedimenti di autorizzazione o di concessione di vantaggi economici e ciò, in accordo con la necessità di garantire un bilanciamento tra l’interesse pubblico al ripristino della legalità violata e il legittimo affidamento maturato in capo al privato per effetto del trascorrere del tempo.
Le questioni esaminate costituiranno, sicuramente, tema di dibattito in dottrina ed in giurisprudenza, in attesa di riforme che possano riportare i rapporti tra i privati e la pubblica amministrazione in un alveo di maggiore trasparenza, con buona pace per il principio di affidamento.
Avv. Nino Nigro