Violazione dei termini del deposito documentale nel processo tributario (art.32 c.1 D.lgs. 546/1992)


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Viene esaminata l'inammissibilità della documentazione depositata dalla parte resistente - Agenzia delle Entrate Riscossione - nel processo tributario per violazione dell'art.32 c.1 d.lgs. 546/92. Premesso che l'ente resistente in un giudizio tributario può costituirsi oltre il termine, previsto all'art. 23 c.1 d.lgs. 546/1992 (Codice del Processo Tributario), di 60 giorni dalla notifica del ricorso, purché sia rispettato il termine di cui all' art. 32 c.1 d.lgs. 546/1992, di 20 giorni prima della trattazione previsto per il deposito documentale, spesso si sono verificate violazioni dei termini da parte della PA e, quindi, ai danni del contribuente. In difesa di quest'ultimo, il richiamo al principio del giusto processo e al diritto di difesa, rispettivamente ai sensi dell'art.111 e II comma art. 24 della Costituzione. Inoltre, viene sottolineato che con l'attuale applicazione del processo telematico a quello tributario, dovrebbe essere agevolato il lavoro della PA nel depositare gli atti documentali rispettando il dettato normativo e costituzionale di cui sopra.

19/05/2020 | 12:00
Autore: Stefania Bevilacqua

In giurisprudenza, principio di diritto consolidato è quello secondo cui l’ente resistente in un giudizio tributario può costituirsi oltre il termine, previsto all’art. 23 c. 1 d.lgs. 546/1992 (Codice del Processo Tributario), di 60 giorni dalla notifica del ricorso, purché sia rispettato il termine di cui all’ art. 32 c.1 d.lgs. 546/1992, di 20 giorni prima della trattazione previsto per il deposito documentale. Ebbene, nonostante la chiarezza del dettato normativo, spesso l’Amministrazione tributaria provvede alla costituzione in giudizio, non soltanto in prossimità se non in coincidenza dell’udienza di discussione, come consentito, ma lo fa anche a mezzo del deposito di documentazione che, senza dubbio alcuno, era nella disponibilità della PA anche molto tempo prima, tanto da consentirgli il rispetto dei termini sanciti dall’art. 32 c.1 d.lgs. 546/1992, posti a tutela della controparte. 

È necessario evidenziare l’indirizzo prevalente delle Commissioni Tributarie che rilevano d’ufficio l’inammissibilità dei documenti depositati dall’Agenzia delle Entrate, ovvero dall’Agenzia Entrate Riscossione, laddove ciò venga fatto oltre i venti giorni liberi precedenti la trattazione della vertenza e, a tal proposito si richiamano, tra le altre, la Commissione Tributaria provinciale di Milano (sent. 3751/2018), nonché la Commissione Tributaria. Reg. per la Liguria (sent. del 25/10/2019 n. 1242/1) e Commissione Tributaria Provinciale Bergamo (sent. n. 142/2017). Da ultimo, anche la Suprema Corte di Cassazione, sezione specializzata nel contenzioso tributario, con recente ordinanza, pur stabilendo che la costituzione in giudizio della parte resistente deve avvenire, ai sensi dell'art. 23 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, entro sessanta giorni dalla notifica del ricorso, a pena di decadenza dalla facoltà di proporre eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio e di fare istanza per la chiamata di terzi, sicché, qualora tali difese non siano state concretamente esercitate, nessun altro pregiudizio può derivare al resistente, al quale va riconosciuto il diritto di negare i fatti costitutivi della pretesa attrice, di contestare l'applicabilità delle norme di diritto invocate, nonché di produrre documenti non si astiene dal precisare che ciò deve avvenire ai sensi degli artt. 24 e 32 del d.lgs. n. 546 del 1992. 

Sia la Giurisprudenza di merito che di legittimità, quindi, a tutela del contribuente, ammoniscono l’Agenzia dell’Entrate ovvero l’Agenzia delle Entrate Riscossione, (Ente strumentale all’Agenzia dell’Entrate), che non di rado violano i termini di costituzione previsti dal d.lgs. n. 546 del 1992, costituendosi e producendo documenti anche fino all’ultimo momento, sul presupposto di una particolare forma di considerazione di cui gode la Pubblica Amministrazione e nel tentativo di porre i giudicanti in condizione di valutare anche positivamente detta allegazione proprio perché non conosciuta da controparte e prontamente confutata.

Detto modus operandi nel processo tributario, laddove non sanzionato con la declaratoria di inammissibilità della produzione documentale cagionerebbe, senza alcun dubbio, una violazione del diritto alla difesa della controparte e ciò in base al principio del giusto processo, sancito dall’art. 111 della Carta Costituzionale e del diritto di difesa, sancito dal II comma dell’art. 24 della Costituzione. 

Oggi con l’applicazione del processo telematico anche al processo tributario, a far data dal 01.07.19, la cattiva prassi spesso seguita dalla PA dovrebbe essere completamente abbandonata, atteso la maggiore facilità nel deposito di atti e documenti a mezzo del sistema telematico, che dovrebbe risultare di particolare aderenza proprio per la Pubblica Amministrazione. Il condizionale è d’obbligo giacché è possibile ancora leggere di costituzioni in giudizio tardive in violazione del dettato normativo e di sentenze basate su documentazione inammissibile. Pertanto, ancora oggi è necessario ribadire ed auspicare il rispetto dei dettami normativi e costituzionali, da parte sia del contribuente che dell'amministrazione evocata in giudizio, ed auspicare che, comunque, la costituzione del resistente laddove operata a mezzo di documentazione in violazione a quanto previsto dall’art. 32 d.lgs. 546/1992 sia sanzionata con la declaratoria di inammissibilità dal parte della Commissione adita.

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